Non è esattamente come nel titolo, ma adesso magari ho la vostra attenzione. Diciamo che per il business sarebbe necessario cambiare la visione nell’utilizzo dei social, o meglio di certi social. In particolare Facebook si è contraddistinto negli ultimi tempi per chiusure di pagine o profili con motivi piuttosto labili, ma purtroppo quando le cose vengono “decise” da un algoritmo è evidente che qualche granchio lo si prende, ma questo non sarebbe un problema se si potesse contattare l’algoritmo e chiedergli spiegazioni, purtroppo una volta eliminati dal social diventa praticamente impossibile (se si è piccoli attori con un numero limitato di follower) risalire la china. Il problema è che spesso si è investito tempo e denaro in quella pagina che viene vanificato in un istante. Come la discussione sul ban del profilo twitter di Trump ci ha insegnato, i social sono entità private che fanno un po’ quello che vogliono, in base a politiche che possono cambiare in qualsiasi momento senza preavviso. La soluzione? Investire in media e strumenti di proprietà. Avere il proprio ecosistema di comunicazione digitale e non, ben strutturato e aggiornato ci protegge dai marosi dei social e dalle mode. Un sito dove magari si può vendere o prenotare, una app, magari una WPA (Web Progressive App) che ci mette al riparo dai cambi di umore degli app store, una buon data base di clienti con cui svolgere email marketing e promozioni su sms e whatsapp, questi sono “beni” che resteranno comunque della nostra azienda e daranno sempre un ritorno nel tempo, cosa non sempre vera per i follower di pagine e profili. In questo contesto video, news, FAQ e tutto l’armamentario di contenuti che il web ci permette sarà un patrimonio tangibile che lavorerà sempre a nostro favore, senza dover per forza avere tutti i giorni nuovi post, ma anzi, capitalizzando lo storico dei contenuti (che i motori di ricerca, se sono buoni materiali, valorizzeranno sempre). Questo non significa che non bisonga utilizzare i social, ma che questi devono diventare diffusori dei nostri contenuti ospitati dai nostri strumenti prorietari come siti e piattaforme media. So che ci sarà che dissente dicendo che i social danno preminenza ai contenuti che vengono caircati sulle loro piattaforme, ma tra i “due mali”, preferisco avere qualche visualizzazione in meno sullo stream del wall dei follower della pagina, piuttosto che non avere quel contenuto disponibile per il più ampio mondo digitale, a partire dai motori di ricerca. Quindi, regola che secondo me vale da prima dell’avvento di Facebook, investite su di voi, non sul regalare contenuto (pagandole in alcuni casi) a piattaforme di cui voi siete il contenuto, fate in modo che loro siano il vettore. Qualche like in meno e qualche contatto interessato in più posso garantirvi che si riverserà positivamente sulle vostre economie.